Friday, August 24, 2012

Vita maleducata

Nel 1983, dopo l'esecuzione di "Vita spericolata " al Festival di Sanremo, Nantas Salvalaggio definì Vasco: "Il Baudelaire dei poveri, un furbo ragazzotto che si atteggia a poeta maledetto, ma che in realtà beve solo aranciate, mangia pere cotte e biscotti al plasmon" ammonendo il pubblico a stare bene attento alla "pericolosità di quell'individuo". Fu minacciato dai fans del rocker, ma osannato come paladino della moralita' perbenista dal pubblico in sala. Ben 6 anni prima,in una piovosa estate inglese, 4 ragazzotti riuscirono in un programma in diretta televisiva a scioccare l'Inghilterra. Si chiamavano Sex Pistols, spilloni nelle narici, spille da balia nelle guancie, maleducazione ostentata, sbadigli, insulti e "dita su per il naso fino alle nocche" (Severgnini). Ovviamente l'Emi non si fece scappare l'occasione, erano una gallina d'oro per l'industria discografica che stava pericolosamente languendo alla fine degli anni 70. La differenza con casa nostra stride parecchio, ma con la moralita' non si discute. Tuttora, nonostante il tempo sia passato - e anche tanto - i fans del primo e degli ultimi si arrogano la stessa vena maleducata e irrispettosa che fa tanto "rocker maledetto", costituendo un triste fenomeno di revival dai toni piu' patetici che nostalgici. La vita "che se ne frega di tutto si'" pero' continua ad essere appannaggio di supponenti e antipatici signori, che si arrogano il diritto di esprimere giudizi con una prepotenza intellettuale ai limiti dell'accettabile. Mi riferisco a certi critici che da tempo hanno come missione lo screditare alcuni artisti solo perche' dal loro pulpito, e dalla loro ostentata conoscenza della materia, non vengono corrisposti certi canoni di gradimento. I loro cliche', cosi' fastidiosamente riproposti ogni anno, questa volta hanno superato il segno. Fingendo di essere totalmente estranei al bipolarismo tra i pro e i contro di questa o di quella cantante, e "aborrendo chi si reca a teatro in clacques, schierati ad orecchie chiuse" ( ma chi sono ??? i giapponesi ??), arrivano ad abbandonare le considerazioni canore e musicali a favore di antipaticissime illazioni. Riporto testualmente : “Quanto a velleità il festival ne ha messa a segno una con la scelta di Olga Peretyatko quale protagonista (matilde di shabran). Non scopriamo nulla se aggiungo che, attualmente, il soprano russo è la compagnia di Mariotti junior. A me la cronaca, al lettore trarre conseguenza dalla notizia.” Da lettore trovo queste parole non solo estremamente di cattivo gusto, ma anche offensive. Due anni fa Mariotti jr e’ stato attaccato in quanto “figlio di”. Ora lo si critica per la sua futura consorte (nozze a fine ROF) come protagonista. In tempi non sospetti la Peretyatko ha interpretato la Scala di Seta, Otello, il Sigismondo, senza avere nessuna parentela in cantiere. Non e’ pertanto nuova al festival rossiniano. Attaccarsi a queste cose e’ davvero meschino,gettando veleno su cose che non riguardano l’opera in questione. Qui davvero si parla di vita maleducata, che non e' piu' quella di un rocker sessantenne che ciondola su un palcoscenico con aria stordita, ma quella di chi oltrepassa il segno del buon gusto. A proposito, auguri a Michele e Olga, sposi domani mattina a Pesaro : che la loro vita possa essere felice ed entusiasmante come un crescendo rossiniano.

Thursday, August 16, 2012

L'avere un cor di ferro a nulla giova

ROF 2012 // . Le immagini piu' belle che accompagnano ogni mio rientro da Pesaro- la notte di Ferragosto- sono il castello di Gradara illuminato dal basso e i fuochi d'artificio sulla spiaggia di Gabicce. Meravigliosa cornice ad un'autostrada quasi deserta che scorre silenziosa verso la via di casa. Quest'anno avrei potuto aumentare il piacere della notte di mezz'estate con il concerto di Sandy Marton,ma gia' ho dato al vintage con la Rettore e la sua "Lamette" pochi giorni fa alla Fiera di San Lazzaro (rischiando pure il bis la sera successiva con Cristina D'Avena). Suvvia, stiamo ritornando dal ROF, e People From Ibiza non si addice alla cornice preziosa del festival, che quest'anno rischia pure di essere seppellito da un'overdose di complimenti. I detrattori nascosti dietro l'angolo - quelli che la Rancatore non esitava a definire "terroristi"- non vedono l'ora di approfittarne, compiacendosi anche di questa allergia all'elogio che da un po' di tempo serpeggia su qualche giornale locale. Peccato, perche' i teatri non solo sono pieni di un pubblico interessato e interessante da ogni parte del pianeta, ma gli spettacoli proposti offrono sempre quanto di piu' stellare possa offrire il repertorio rossiniano. Che ha una croce e delizia da portare sulle spalle: la necessita' di eseguire ogni opera del pesarese, incluse quelle (come nel caso del Ciro in Babilonia) che proprio straordinarie non sono. Recitativi infiniti al limite del soporifero, una totale assenza di drammaturgia, e -dovendo fornire ad ogni cantante in scena almeno un'aria- incredibilmente lunga. Rossini diciannovenne pero' genio era e genio sarebbe rimasto, e tra le righe si ascoltano pagine straordinarie che ancora fanno emozionare e stupire. Le prime parti valorizzate in pieno (come non menzionare le arie introdotte dal fagotto o dal violino qui eseguite da un'Orchestra di Bologna al meglio della sua forma ?), il solito fiume in piena delle colorature da sciorinarsi vorticosamente, incredibili saliscendi tra un'ottava e l'altra che costringono il tenore a comportarsi da baritono e cosi' similmente il contralto. Il lessico di Rossini e' qui gia' presente: il momento del pensiero opposto a quello dell'azione (ripreso da Livermore immergendo i cantanti in una luce rossa che si staglia sul bianco e nero della scena, e che permette tramite un fermo immagine di esaltarne l'intensita'),i colori strumentali, l' accentuazione delle successioni con il celebre uso del crescendo e cosi' via. Ci troviamo pero' ben lontani dai risultati successivi, e per fortuna la regia crea quello che l'opera non possiede. Si inventa una nuova storia, in cui un pubblico di spettatori all'inizio del secolo si trova sempre piu' immerso nella proiezione di un colossal stile Cabiria, seguendone le storie, i sentimenti dei protagonisti, partecipandone poi anche in prima persona. L'immagine del film muto e' fascinosa: c'e' tutto il suo armamentario di didascalie, finta usura della pellicola, primi piani ad occhi sgranati, e soprattutto uno straordinario impiego di splendidi abiti bianco e nero anni 15-20 che rendono preziosissimo l'allestimento. Lo si e' notato in modo particolare nella diretta televisiva, in cui ogni particolare veniva esaltato dalle riprese ravvicinate. Cantanti splendidi, tra cui un Michael Spyres eccellente nella scena della pazzia, una magica Podles (classe 1952) che arriva a note cosi' gravi da domandarsi da dove arrivi la voce, e una prorompente (di seno e acuti) Pratt che scatena forse gli applausi piu' sinceri. Spyres appare autoritario e crudele in scena, e quasi un ragazzino al ristorantino del teatro, dove si concede una cena in compagnia di giovanissimi amici. Questa magia di ritrovare persone normali al di la' dell'aura di divismo (basti pensare al buon Mariotti che mi ha salutato con tanto di baci e una sincera voglia di rivedermi) mi lascia ogni volta piacevolmente colpito. Con i riflettori spenti ognuno torna se stesso, a volte perfino piu' vulnerabile e solo. Bordogna torna a baciare il suo cagnolino che lo slinguazza dappertutto, Mariotti e' felice di una ritrovata intesa di orchestra e solisti (e di una futura consorte che ha il merito di possedere una rara bellezza e bravura ),i coristi in braghine corte pensano a come passare il Ferragosto. E poi arriva lui. Mettilo anche in mutande, ma immenso e' e immenso rimane. Juan Diego, solo soletto senza moglie, che arriva stanco dopo una performance di Matilde di Shabran che ha del miracoloso. Gli chiedo una foto, lo fa per rispetto a Emanuela che suona in Orchestra. E il miracolo avviene due volte: sono venuto quasi bene, e' una foto davvero bella che esalta il piacere della serata. Chissa' se i giornalisti, i critici musicali, gli spietati cattivi cattivissimi che si muovono biliosi dietro le quinte hanno una simile percezione di questo lato cosi' umano. Ma come insegna la lezione di Corradino, l'avere un cor di ferro a nulla giova...