Friday, August 30, 2013

MEMORABILIA ROF 2013

The vip hunter(s)strike(s)again!!





Friday, August 09, 2013

Postcards from Switzerland


Pesaro,8 agosto 2013, prova generale del Guillaume Tell (ROF 2013) L'immagine ricorrente che Vick ci presenta per il suo Guglielmo Tell e' una cinepresa : le riprese sono fatte da ufficiali che devono testimoniare- in una finzione di impeccabile letizia – una Svizzera da cartolina illustrata, a beneficio di una borghesia spensierata di inizio secolo inconsapevolmente sull'orlo del precipizio. Una barca sospesa nel nulla, con lo sfondo dipinto di un lago azzurro, e due amanti costretti a sostenerne la finzione,in un mix di menzogna calcolata e verita' casuale che si alternera' nel corso dello spettacolo. Ed e' forse il momento piu' riuscito della regia, quando la bugia diventa insostenibile e il popolo violentato in senso fisico ed emotivo si ribella a questo sradicamento dalla propria terra. E' questa la vera chiave di lettura del Guglielmo Tell di Vick, l'appartenenza alla terra, le origini, la patria, per restituire un'identita' al luogo e a se stessi. Non importa dove il dolore genera la ribellione, dove la storia si svolge e chi ne sono i protagonisti, l'importante e' ritrovare la coesione necessaria per potere riaffermare le proprie radici naturali. Non e' un caso che forse il momento piu' didascalico della regia, quando Arnold ricorda con nostalgia la presenza del padre morto, le immagini che scorrono in sottofondo sono si' quelle in bianco e nero dell'infanzia, ma sono similmente quelle in cui il figlio viene incoraggiato a toccare la terra, a farne solchi, a seminare nuove pianticelle e ad averne cura. Il contrasto -sempre stridente- tra il mondo dei ricchi e potenti e il popolo oppresso, spesso genera momenti imbarazzanti di umiliazione fisica e morale come nel caso della festa del terzo atto ,in cui l'obbligo di ballare per festeggiare un secolo di dominazione austriaca ( l'impero austriaco “degna un appoggio accordar col suo potere alla fralezza vostra”) si svolge con efferata crudelta' psicologica a volte fin troppo esibita. Meglio ricorrere nuovamente alla macchina da presa, per generare una finzione di spensierata allegria in cui nessun retroscena e' concesso e in cui l'immagine ufficiale possa essere distorta a proprio piacere. Le luci sono molto fredde, taglienti, spesso bianche e abbaglianti; a volte si crea forzatamente un'atmosfera algida e distaccata, come nella bella scena dei cavalli che nonostante il loro immobilismo riescono comunque a delimitare la "sombre foret, desert triste et sauvage" di cui parla il libretto. La liberazione da questo gelo avviene quando i muri bianchi vengono imbrattati di sangue, nella terribile immagine di un cavallo con la testa mozzata, nella distruzione del muro su cui in rosso cremisi erano state scritte le parole della rivolta. Il tutto si risolve -come per la musica- nel magnifico finale, nel quale con un perfetto coup de teatre il soffitto bianco scende verso il pavimento generando una scala rossa su cui salira' il figlio di Guglielmo. L'immagine e' pura emozione, in uno spettacolo importante e a sua volta imponente . Cast e direzione non deludono, in una buona sintonia tra palcoscenico (e quello del ROF non e' certamente semplice da gestire nelle sue proporzioni) e orchestra. La bacchetta di Mariotti riesce a tenere ritmo e azione con slancio e partecipazione, anche se forse il duetto amoroso tra Florez e la Rebeka nel secondo atto avrebbe necessitato di piu' passione e intensita'. Coro meraviglioso. Sforzi coronati da un entusiastico riscontro di pubblico, anche se gli inevitabili dissensi sull'operazione Vick erano totalmente scontati e previsti. C'e' ancora chi non capisce come una VERA regia, che possa piacere o meno, fa bene all'opera e la tiene in ottima salute. Lunga vita al ROF.

Saturday, August 03, 2013

La classicita' del nuovo

23 luglio 2013, Osteria Francescana (Modena) Se la tradizione ha un ruolo fondamentale nelle radici della propria identita' culinaria, e' pur vero che la sperimentazione e la ricerca ne ha arricchito le potenzialita', la voglia di miglioramento e di rinnovamento; allo stesso tempo cio' che stupiva e lasciava meravigliati per accostamenti, colori e consistenze ora viene quasi assunto come "deja vu", qualcosa in cui la creativita' ha generato abitudine o si e' trasformata in classicita'. Interessante parlare di "classicita' del nuovo",ma perfino l'Osteria Francescana non si fa scrupolo del menzionarlo tra i suoi 3 menu (quello denominato appunto "classico" e comprendente 8 portate che hanno contribuito all'ascesa e la popolarita' del locale)(prezzo proposto bevande escluse 150 euro) La pasta e fagioli presentata compressa in un bicchierino da vodka in strati in cui si alternano foie gras,radicchio,croste di parmigiano reggiano,crema di fagioli e spuma di rosmarino -che tanto faceva urlare allo scandalo i tradizionalisti - ora appare quasi un'innocua e golosa alternativa alla tradizione, se non la versione "elegante" di un piatto povero che qui povero non e' piu' grazie alla sua originale presentazione e alle materie usate. Stesso discorso per le 5 consistenze di Parmigiano Reggiano: una volta conquistato il commensale- abituato al massimo ad un paio di diverse stagionature- lo si vizia al punto di fargli pretendere cialde, spume,creme o una stupefacente "aria" di Parmigiano Reggiano 50 mesi che si scioglie in bocca meglio di una nuvoletta. Piatti importanti, che forse pero' non fanno piu' urlare al miracolo (o all' oltraggio ) cosi' come ai loro esordi. Anche il gelatino di foie gras con ripieno di aceto balsamico avvolto nelle nocciole oramai e' diventato un classico; ne manca solo la percezione del gusto e delle dimensioni per chi lo ha visto pubblicizzato in tante guide o riviste di cucina. Detto tra noi, assolutamente squisito. Allora dov'e' ancora la novita', il gusto di stupire il palato, di generare sensazioni, di disorientare il cliente ? Forse nel piatto chiamato "Think Green " ? Puo' darsi. Viene presentato come un omaggio alle nostre campagne, con tutto quello che le mucche hanno fatto per noi e noi per loro (??!!!), e appare come una macchia di clorofilla piena di piselli e fagiolini ghiacciati,erbe aromatiche, e cosparse di una cagliata totalmente insapore. La sensazione e' terribile, sembra di essere in un prato a ruminare. O il dolce "OOPS" ? Presentato su un piatto che sembra rotto in mille pezzi, si compone di una crostatina frantumata che appare come un errore del pasticciere, con delle sbavature di zabajone che danno l'idea del completo disastro. Geniale, incredibilmente bello da vedere ma altrettanto deludente all'assaggio. Per fortuna gli alti sono superiori ai bassi, ci sono lumache squisite che fanno capolino da una misticanza verde in cui non mancano idee di tartufi e funghi; c'e' una faraona "non arrosto" che viene irrorata da uno spray ottenuto dalla macinazione delle ossa (strepitoso) accompagnato da una chip croccante ottenuta dalla pelle in cui spicca un curioso strato di cioccolato bianco aromatizzato all'aglio; un baccala' immerso in una crema in cui sensazioni di capperi olive e pomodori competono con la croccantezza della leggera crosticina di mandorle di Noto (perfetta ). E ancora un'ottima petite patisserie finale, una carta dei vini che ha lo spessore di un dizionario italiano-latino, un ambiente elegante con pochissimi tavoli (da cui il rischio di una leggera freddezza, rotta solo dalla convivialita' dei presenti che non vogliono esserne sopraffatti) ,un servizio attento e poco invasivo che lascia pero' un po' stupefatto al momento della richiesta dell'etichetta del vino rosso di cui abbiamo bevuto un calice: viene allungato un biglietto di una casa vinicola, con l'invito di collegarsi via internet e di visionarne la lista. Forse un misanderstunding ? Cosi' difficile ripetere il nome del vino appena bevuto ? L'esperienza del mio primo 3 stelle michelin e' comunque molto positiva, e rinnova il piacere di tornare in un posto ancora piu' impeccabile e piacevole di come l'avevo lasciato anni orsono. Dovessi tornare mi butterei sul menu alla carta, in cerca di innovazione e magia, cose che a Massimo Bottura (presente in sala ed elargitore di numerosi sorrisi piu' che ricambiati) decisamente non mancano.