Monday, January 17, 2011

C'e' poco da ridere



Tannhauser, Teatro Com. Bologna, 14jan11

Nel settembre del 2004 la biblioteca della duchessa Anna Amalia (Herzogin Anna Amalia Bibliothek) di Weimar subi' un grave incendio nella quale oltre 50.000 volumi andarono persi, con grave danno per la cultura mondiale. La biblioteca e' stata riaperta tre anni dopo,tornando piu' che mai ad essere il patrimonio dell’umanità che gia' l'Unesco le aveva attribuito nel 1998. Oggi l’istituzione vanta un patrimonio di 1 milione di volumi di cui ben 11.000 dedicati al tema del Faust di Goethe. La grande sala del Castello della Warburg, luogo in cui tradizionalmente si svolge il secondo atto di Tannhauser, viene cosi' identificata idealmente al luogo del disastro ,in cui le fiamme vengono letteralmente spente da un pompiere in divisa provocando un certo sconcerto tra gli spettatori. Ma c'e' poco da ridere: mai come ora la cultura e' in pericolo. E l'opera lirica, erroneamente considerata puro e mero intrattenimento, non viene piu' vista dall'attuale classe politica come momento fondamentale per la formazione culturale del nostro paese. Cosi' vengono le lacrime agli occhi quando nella scena finale dell'opera vediamo un bambino allungare le mani verso un volume della sua libreria,privilegiando la lettura al gioco di una palla che rotola via : la storia verra' letta, e la lettura ne garantira' una perpetua esistenza nella memoria e nella cultura del popolo che la fara' sua. Il cantore, qui trasformato dal regista Guy Montavon in un poeta , scrive lui stesso, e chi lo ascolta lo fa al posto di lui. Il suo canto pertanto non va perso nell'attimo dell'ascolto, ma rimane a memoria dei suoi lettori. Carla Moreni in una sua recente recensione recupera una bella citazione del rettore di Harvard: " Se pensate che l'istruzione sia costosa provate l'ignoranza". Cosi' non ci si lamenta se questo Tannhauser e' privo della sontuosita' che si da' generalmente all'opera wagneriana, e poco importa che il Venusberg sia immerso in un mare da cui echeggia il canto delle sirene: a renderlo visibile ci pensano i quotidiani che riportano le notizie da casa Arcore. La direzione di Anton Reck e' leggera e romantica, riesce a essere possente pur non appesantendo la partitura di magniloquenza, aiuta a riflettere piuttosto che ad essere sopraffatti. Ian Storey nel terzo atto riesce a travolgere nel suo intenso racconto, e nella scena finale si eleva al di sopra della compagnia confermando il suo immenso talento. Bravissimi anche gli altri, ad eccezione di qualche piccola sbavatura tra i cantori. Coro immenso. In questo conflitto tra amore sacro e amore profano, tra ragione e sentimento, tra i piaceri carnali e i piaceri dello spirito manca un ingrediente, necessario per spiegare la natura umana: la sua fragilita' e imperfezione. Servirebbe ad abbassare il livello tra dei e uomini, tra vergini pure e peccatori impenitenti. Ma che il senso di colpa esista, tra gli umili di cuore, e' inevitabile...che sia scomparso dalla nostra classe dirigente (e da chi affossa il nostro patrimonio artistico) oramai e' fuori discussione.

Tuesday, January 04, 2011

HOJOTOHO !



Da tempo diffido di chi, come fece Alberto Agazzani in un suo plateale intervento, si mette ad urlare durante una rappresentazione "Questo NON e' Polliuto !", come se Polliuto andasse a pranzo da lui ogni santo giorno permettendogli di avere l'esclusiva su chi lo puo' riconoscere. Ho trovato di recente su di un sito operistico on line (l'ennesimo Opera clic, sgnak, disc, pim pum pam) un recensore che diceva della Stemme "questa non e' Brunilde". Gia', certa gente va a letto con le Valchirie. La cosa mi sembra non solo supponente,ma perfino antipatica, boriosa e prepotente. Io ho visto nella mia carriera di spettatore solo tre Walkirie, e sfortunatamente solo in video (di cui due neanche a farlo apposta direzione Barenboim): non ho punti di riferimento, non frequento abitualmente Wagner (nonostante diverse trasferte- un Parsifal visto a Venezia , un Tannhauser scaligero, un Sigfrido a Firenze e diverse cose viste a Bologna tra cui uno splendido Oro del Reno con regia Pier Alli), ma ho trovato lo spettacolo milanese molto riuscito. Barenboim e' un fiume in piena, meno preciso e drammatico di Metha, con tempi veloci (primo atto in primis, mi e' sembrato) che permettono di seguire la storia come se fosse un racconto a cui appassionarsi. Mi e' piaciuto enormemente. Non parliamo poi delle voci, che ho trovato tutte piu' o meno riuscite, con una superba interpretazione teatrale della Meier, esaltata dalla ripresa televisiva. La Stemme magnifica, Kowaliow credibile (forse un po' affaticato nel finale, ma che prova impervia !), O Neill meglio nella prima parte , insomma, tutto gradevolissimo e scorrevole. La regia e' puro teatro, la foresta stile Matrix con le linee rosse di sangue mi e' piaciuta, il complesso scultoreo dei cavalli e' di grande effetto, e le proiezioni (a differenza della Fura ) non sono invadenti. Condivido il plauso generale e continuo a storcere il naso verso i soliti snob melomani incontentabili . Quando le fondazioni liriche a forza di tagli non avranno piu' modo di fare nulla , o alla meno peggio solo opere in forma di concerto con cantanti improbabili, allora questi spocchiosi potranno cospargersi il capo di cenere....