Thursday, January 19, 2012

principessa di gelo, principessa di morte



La trasformazione di Turandot da principessa di gelo a donna innamorata viene simboleggiata da un fiore bianco,che viene donato nel finale al principe ignoto. Non puo' essere diversamente, visto che De Simone chiude la sua regia con la morte di Liu'. Non e' l'unico a farlo,ma stavolta,nella sua produzione colossal, un bel finalone esultante e festoso ci sarebbe stato proprio bene. Anche perche', diciamolo, dal punto di vista canoro qualche piccolo problemino esiste. Tutto di potenza, urlato a piu' non posso, nel gran calderone di enigmi,sangue,teste mozzate e colpi di gong. Sia chiaro, tutto funziona a meraviglia e ci si diverte davvero in questo tripudio di folklore asiatico. Ma a differenza di Zang Himou,presente anche quest'anno al maggio fiorentino, De Simone non fa assomigliare la sua Turandot ad un ristorante cinese. Qui non ci sono solo lanterne e kimoni (anche se ci sono, e come se ci sono),ma uno splendido esercito di guerrieri di terracotta, vestiti con corazze in pietra e dotati di armi,di cui il coro ne prende le sembianze. Dei guerrieri si ammira soprattutto la bellezza dei volti, diversi l’uno dall’altro, e volutamente. Pare infatti che gli artigiani furono fatti arrivare da ogni parte del paese per compiere il lavoro: i volti venivano rifiniti a mano da ogni vasaio, che trasferiva in esso le caratteristiche della sua regione di provenienza. Ed ecco la trovata grandiosa di De Simone: tanti uomini diversi che da millenni aspettavano di combattere sono li' in scena alla corte della principessa. Effetto scenico grandioso e intelligente. L'altra idea registica di rilievo e' il fantasma di Lou-Ling,ava dolce e serena (che regnava nel suo cupo silenzio in gioia pura)che nel finale si risveglia dalla sua tomba per riunirsi con Turandot e permetterle di fare scendere l'amore nel suo cuore. E' lei che fornira' il fiore bianco a Turandot,aiutandola nel suo processo di riconciliazione con il genere umano. Il sipario si chiude, il momento e' toccante e solenne, ma....il nome dello straniero -ancora- nessuno sa.

PARIS LA NUIT


Parigi aveva un grosso debito con me. Un conto in sospeso durato piu' di dieci anni . Sulle capacita' lenitive del tempo si e' detto tutto; c'e' chi dice inoltre che solo scrivendole le cose diventano vere. Ci ho creduto per molto tempo ,ma posso assicurare che esistono certi dolori che non trovano espressione, e che sono altrettanto veri di quelli raccontati,se non peggiori. Avec le temps, va, tout s'en va, ma non e' solo una questione di ricordi sbiaditi. E' uno strano meccanismo di censura che la mente adotta per non cedere all'eccessiva sofferenza, di cui non ne abbiamo coscienza. Ristorante George, ultimo piano del Centre Pompidou. Lo stesso glamour del tempo, una delle viste piu' incantevoli della capitale, le solite venus noires all'ingresso per intimorire i turisti sprovveduti. E improvvisamente si accende il ricordo: una serata terribile condita da veleni e silenzi, in cui la mia posizione divento' insostenibile all'interno di una tragedia non-annunciata. Completamente rimossa. Ora alla terrazza si accede con un biglietto di tre euro, che fa storcere il naso, e le foto al locale diventano normale routin di turista. Ma quei lunghi dieci anni di silenzio, dalla perdita della mia amicizia piu' cara ad oggi ( pare che l'intero periodo sia ancora piu' nebuloso per loro che per me) si sono tramutati in un astio verso la citta' difficilmente sanabile. Fino ad ora.
Tutto perfetto,non ultimo l'odore dolciastro della metropolitana, unico e inconfondibile,che ritrovo a fare lavorare la memoria meglio della madeleine proustiana. Quando ancora la guida di Gault e Millau riusciva a farci impazzire dalle risate. Ritrovo perfino un piccolo bistrot capace di eliminare il tempo passato. E' uno di quei locali dove si finisce per caso visto la vicinanza all'albergo, e che sembra un po' meno anonimo delle brasserie che lo circondano e dei loro brutti tendoni in plastica anti-vento. Il pavimento, fatto a mosaico di piccole piastrelle a volte sconnesse, fanno capire che qui poche cose sono cambiate con il tempo. Cosi' come i divanetti in pelle rossa, i tavoli di legno fessurati, le seggiole un po' malandate, il bancone in legno e zinco, un ritratto fumoso e scuro appeso nel retro e le colonnine in ghisa. Paris,la nuit.