Monday, April 16, 2012

Auf Dieser Welt Hab' Keine Freud



Jakob Lenz, TCBO 15apr12

Non a caso i cartelloni delle stagioni liriche traboccano di Aide, Carmen e Traviate: da sempre il pubblico ama cio' che conosce.
In tempi di vacche magre e' logica inconfutabile riempire i teatri anziche' svuotarli, eppure il "tarlo" del coraggio -che si insinua tra le pieghe di un pubblico distratto o a volte perfino curioso- rende possibile piccoli miracoli.
Sia chiaro, nulla di nuovo: e' solo ed unicamente una questione di educazione musicale, ed e' bello vedere persone che sfidando le pure logiche del mercato si propongono ancora educatori in un mondo di torpore culturale. Cosi', nonostante l'assoluta sfida di proporre John Adams tra un'overture di Mozart e una sinfonia di Beethoven,a volte bastano poche "istruzioni per l'uso" (vedi il breve intervento di Nicola Sani a cui si potra' rimproverare di tutto fuorche' essere un uomo di grande comunicativa) per comprendere qualcosa che e' vicino a noi e che per miopia o pigrizia fino ad ora non avevamo considerato.
Forse anche per "Jakob Lenz" di W. Rihm (proposto appena dopo Traviata)sarebbe stato opportuno un "invito all'ascolto", come accade in moltissimi teatri anche vicini al nostro, nonostante la reazione del folto pubblico presente sia stata a dir poco straordinaria. Successo convinto, con due ovazioni al calor bianco per il protagonista. La cosa mi stupisce,anche se dentro di me nasce sempre di piu' la convinzione che siamo in tanti su questo pianeta, ed ogni spettacolo trova il suo pubblico; qui siamo pero' in presenza di abbonati, e per di piu' al turno di domenica pomeriggio (eta' media 55-60) e la cosa e' ancor piu'sorprendente. Si potrebbe contestare la presenza di una piccola claque accondiscendente, che credo pero' abbia solo stimolato gli spettatori piu' dubbiosi.
Jacob Lenz ha due punti di forza ( forse tre, visto che dura solo un'ora e venti): nonostante l'orchestra sia estremamente ridotta- senza archi ad eccezione di 3 violoncelli- le possibilita' musicali che Rihm ottiene sono davvero versatili ed efficaci, e la varieta' ottenuta si estende puntualmente anche nel canto. I cantanti, infatti, sono impegnati in una grande scala che va dai semplici recitati alla pura intonazione, con ogni tipo di emissione possibile. Dal mio punto di vista pero' l'opera pecca di altrettanti punti deboli. Prima di tutto e' eccessivamente verbosa, e poiche' la lingua tedesca non mi e' familiare e' faticoso leggere la traduzione dei sovratitoli e allo stesso tempo rimanere concentrati sull'azione e sul canto. Inoltre, l'atmosfera generata dalla schizofrenia del protagonista risulta cosi' alienante da cedere presto ad una pesantezza di fondo difficilmente apprezzabile. Il clima soffocante dei dialoghi, cosi' straniati e disarticolati, rende tutto molto cupo e angosciante, spingendo la lezione di Berg e del suo Wozzeck a livelli ancora piu' esasperati.
A maggior ragione quindi stupisce e rincuora una reazione positiva del pubblico,che probabilmente sovrappone il fascino di questo nuovo linguaggio musicale alla difficolta' della sua recezione. Ben venga. Onestamente confido piu' nella capacita' divulgativa di chi propone piuttosto che nella capacita' recettiva di chi guarda e ascolta, e mi auguro che anche in futuro possa esserci chi- prendendoci per mano- ci aiuti a capire che il teatro e la lirica sono vivi, e che potranno esercitare la loro energia per tanto tempo nella nostra mente e nel nostro cuore.