Tuesday, May 13, 2008

Eclissi di luna

Federco Tiezzi,regista-drammaturgo-attore, conosce bene il mondo della danza e del gesto. Attentissimo al movimento scenico (ieratico, spesso didascalico) crea tableaux vivants nei quali la dimensione drammatica si respira a pieni polmoni. La "Norma" vista a Bologna (che segno' nel 91 l'esordio di Tiezzi al mondo dell'opera) procede per immagini, immersa in un settecento neoclassico in cui le pieghe dei lunghi e morbidi vestiti bianchi si accompagnano al candore delle colonne doriche presenti ai lati della scena. Eppure e' come se fossimo immersi in un film muto in bianco e nero, in cui la mano sulla fronte e il capo reclino, un braccio proteso verso il vuoto, un dito puntato verso il traditore riescono a trasmettere parole la' dove parole non servono. Non solo: Tiezzi gioca con l'opera. Norma diventa in un certo senso speculare a Turandot. Algida e potente e' pronta a mettere a morte lo "straniero" (Pollione e' un proconsole romano) ma cede alla fine dinanzi all'amore di costui. E' disposta come in Turandot a sacrificarsi, a rivelare la propria colpa, permettendo all'amato la possibilita' di redimersi-salvarsi. Oroveso, qui cieco ed accompagnato in scena da due druidi, ricorda terribilmente Timur, e ne condivide le apprensioni paterne. Adalgisa e' una Liu' abbandonata al proprio tormento di un amore diviso. Al di la' di ogni similitudine ancora una volta il gesto diventa vero protagonista: basti pensare alla scena in cui il coro cede, dopo la confessione di Norma, allo stupore prima e all'orrore poi. Un movimento lentissimo serpeggia tra i presenti, una sorte di disperato e incredulo ripiegarsi in se stessi, che si estende, dilaga, raggiunge gli altri e con gli altri diventa partecipe della tragedia. Bellissimo, nella sua esasperata evoluzione. Nella scena finale uno squarcio rosso si allarga facendo entrare una testa reclina di una statua greca (forse Medea a cui tanto la storia di Norma deve ?) mentre un sipario dorato scende improvvisamente a chiudere la scena, lasciando senza fiato per la sua prepotenza teatrale. Grandi applausi. Per Daniela Dessi' ( probabilmente amica di tanti potenti critici ed esperti del settore) il successo e' scontato, ma non mi sento di criticarne l'ottima prestazione. Non piu' giovanissima, con una voce che spesso non sorregge il personaggio, e' comunque un'ottima Norma,capace di commuovere e scuotere le corde emotive. Il suo gentil consorte, ahime', non la segue altrettanto egregiamente. Ricordo un'occasione in cui il povero tenore cadde miseramente nella buca dell'orchestra, sempre che la memoria funzioni bene, e senza dubbio una simile performance avrebbe giovato alla drammaticita' richiesta. Ahime', nessun problema. I maligni penseranno che se fosse finito sulla testa di mia moglie avrei preso due piccioni con una fava. Non mi esprimo. Buona la prestazione di Kaye Aldrich, troppo lenti i tempi di Evelino Pido'. Tutto sommato in un mondo dove pare che i direttori abbiano messo l'acceleratore a qualsiasi cosa almeno l'aspetto lirico ne esce intatto. Dietro tutto e tutti rimane la possente figura della sacra selva, un albero stilizzato, percorso da pennellate nervose come simbolo di un rito appena compiuto. E la luna, casta come sempre, eclissata da un sole accecante di profonda umanita'.

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