Friday, April 04, 2008

Non stop EXOTIC cabaret


La parola esotismo potra' ricordare a qualcuno la visione di mari lontani, sabbie bianchissime e palme ondeggianti. A me ricorda una vetrina di anatre laccate di un ristorante cinese, in quel di Londra. Quel senso di unico, lontano e diverso che trovavo ogni volta che riuscivo ad oltrepassare la frontiera, a partire dalla lingua; quel senso di fascinazione che mi faceva stare davanti alla radio quasi ipnotizzato nel sentire un universo diverso da quello conosciuto; lo stesso senso che aveva gia' formulato in me il desiderio di diventare "da grande" un benzinaio sulla Costa Azzurra o un postino a New York (pazzia ? si', ma almeno piu' fantasioso del solito astronauta o calciatore).
Bene, ahime' tutto cancellato dal tempo, dalle invasioni (barbariche ?) che hanno unificato tutto e tutti, che hanno reso il diverso qualcosa con cui fare quotidianamente i conti magari con un senso di malcelato fastidio. E' un appiattimento di emozioni quello in cui viviamo, in cui le culture si sovrappongono perdendo connotati di unicita' e venendo meno inevitabilmente alla propria identita'.
Eppure un piccolo brivido lungo la schiena e' ancora possibile. Ho scoperto, ad esempio, che a Bologna esiste una vera e propria Chinatown ad uso e consumo di una comunita' locale in forte espansione; i soliti brutti ristoranti cinesi pieni di lanterne rosse ne fanno da inevitabile vetrina, ma qualcosa serpeggia al di sotto del turismo in cerca di involtini primavera. E cosi' eccomi, senza volere, nel ristorante piu' furiosamente cinese che abbia frequentato da anni. Pesanti drappeggi rosso cremisi pieni di polvere, traballanti paratie che hanno vissuto tempi migliori, tavoli instabili con piatti sbeccati e bicchieri velati. Il tutto all'interno di un ambiente enorme, con immensi lampadari, simboli inequivocabili di un fasto lontano. Immediatamente balza alla memoria un pranzo domenicale nel piu' grande ristorante cinese di Londra, in un enorme salone pieno di festose famigliole con gli occhi a mandorla pronte a trangugiare zuppe bollenti dalle loro grosse ciotole. Tra i tavoli, in abito tradizionale, agili e veloci cameriere si aggiravano con i loro trolley pieni di panierini in bambù da cui emergevano invitanti ravioli al vapore. E ancora: New York City, un ristorante tra i tanti in un piccolo vicolo, dove centinaia di occhietti cinesi tra lo stupore e la curiosita' accompagnavano l'ingresso degli unici occidentali del locale. La sensazione e' simile.. io e l'amico Remo siamo gli unici avventori tra agitati cinesi che si lanciano ridicoli insulti e bestemmie in un improbabile italiano (l'immancabile elle al posto della erre rende la scena irresistibile..sentirsi dire "blutto stlonzo" non puo' che far schiattare dalle risate). Cosi' poco importa se la nostra cameriera (in ciabatte ortopediche) sembra la maitresse di una casa di piaceri orientali, poco importa se i miei piatti traballano in un precario equilibrio su di un tavolo altrettanto instabile, l'importante e' che la zuppa arrivi in proporzioni industriali dentro la sua ciotola fumante, che il vociare in sottofondo sembri appartenere piu' alle triadi mafiose che a tranquilli gestori di ristorante, che tutto trasudi di un fasto lontano anni luce in un'atmosfera di inevitabile e fascinoso declino.
Qualcosa tiene viva la memoria di momenti perduti, di esotismi a buon mercato vissuti nei miei anni di massima curiosita' (e giovinezza). Ero avido di cose nuove, diverse, lontane...ora le ho sotto casa con tutta la loro disarmante omogeneita'.
Chiudo gli occhi, e continuo a sognare.

1 Comments:

Blogger mamikazen said...

Mmmmmmh...
stasera guarderò le lanterne del cinese sotto casa con occhi diversi...

5:58 AM  

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