Wednesday, May 17, 2006

Nabucco made in Japan


Lo so. E' eccessivo,grottesco, a volte perfino irritante. Il cinema di Peter Greenaway, intriso di ossessioni sempre in bilico tra amore e morte, e' fondato sulla elaborazione estetica più che sul montaggio: il risultato, algido ed inquietante, non può lasciare comunque indifferenti .Cosi' come il suo "The pillow book", dove affronta tematiche sesso/scrittura e corpo/superficie da iscrivere. Tra gli interpreti il meraviglioso Yoshi Oida, ora regista di un curioso Nabucco in scena al Teatro Comunale di Bologna. Le prove generali evidenziano subito un impianto scenico molto semplice, in cui il coro viene sistemato su anonime gradinate dandogli un aspetto di spettatore anziche' di protagonista. E' come se gli esuli ebrei, schiacciati dal re Nabucco, fossero testimoni della loro tragedia, aspettando un futuro intriso di speranza e di fede nel loro Creatore. E immediatamente compare,su di un picccolo quadrato sospeso a mezz'aria, il nome divino Jehova. Il Dio degli ebrei (che non ha cambiato nome ne' sostanza) si palesa attraverso l'immagine classica di un occhio scrutatore,che diventa pero' l'occhio di persone di razze,sesso ed eta' diverse, come a sottolinearne l'universalita' e la capacita' di accogliere le sofferenze di tutto il genere umano anziche' di un solo popolo. C'e' una religiosita' molto raccolta in tutta l'opera, attraverso l'uso di simboli e movimenti mirati,semplici e mai banali,molto lontani dal luogo e dal tempo della narrazione ma non per questo stonati o privi di fascino. Cosi' durante il coro piu' famoso della storia della lirica, il "Va pensiero", un uomo seminudo si trova davanti ad una piccola cascata d'acqua al centro della scena, e i suoi movimenti sono lenti,dolorosi,raccolti, come se l'acqua potesse purificare i peccati del popolo. In questa suggestiva cornice i costumi svolgono la parte migliore: garze e lini , a volte coloratissimi, formano vere e proprie architetture in cui i protagonisti (non sempre a loro agio) aquistano maggiore spessore e dignita'. Tra gli interpreti Susan Neves appare unica e irraggiungibile. La sua Abigaille e' assolutamente perfetta e credibile, la voce da soprano drammatico centra acuti e registri gravi con una facilita' disarmante. Il resto del cast, a parte una Julia Gertseva interessante nel ruolo di Fenena (vista l'anno scorso nel Boris del Maggio Fiorentino), e' un po' sfuocato tra alti e bassi, con una sostituzione durante il primo atto di uno dei cantanti per motivi di indisposizione. Caldi applausi e pubblico conquistato da un Nabucco insolito, forse misterioso e lontano, ma pieno di raccolto misticismo e intensita'.

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