Saturday, March 18, 2006

FORSYTHE ieri oggi domani



Il Teatro Municipale Valli ha deciso di dare alla stampa gli atti della Masterclass sul lavoro di William Forsythe tenutasi a Reggio Emilia il 22 e il 23 maggio 2003. Di questa collana (Red Book) seguiranno altri titoli dedicati ai coreografi con cui il nostro teatro ha lavorato: Jiry Kylian, Mats Ek, John Neumeier.

Nel dedicare la lettura del libro a tutti coloro che ritengono Forsythe il genio indiscusso della danza contemporanea, colgo l'occasione per ripescare un mio vecchio scritto riguardante un suo spettacolo visto a Bologna nell'ambito di Danzaduemila. L'avevo intitolato "IL VERTIGINOSO BRIVIDO DELLA PERFEZIONE. Spero possa incuriosire o stimolare coloro (spero pochi) che ancora non conoscono il suo lavoro. Buona lettura.

Bologna, 11 novembre, Europauditorium ore 21.00
Nella fila di poltrone davanti alla mia,esattamente sette posti piu' a destra,e' seduto un signore americano dall'aspetto molto giovanile ; biondo,occhiali,51 anni portati benissimo,piuttosto magro ,veste una maglia a maniche lunghe color marrone e pantaloni dello stesso colore. In testa,una cuffia con un radiomicrofono. Si chiama William Forsythe ,professione genio,pardon,coreografo, ha creato balletti per le compagnie di tutto il mondo e i suoi lavori sono inclusi nel repertorio di un numero impressionante di compagnie di danza. Con il Ballet Frankfurt,del quale e' direttore dall'84, ha sempre sfidato le convenzioni della danza non rinnegando mai le tecniche base del balletto tradizionale,quello accademico per intenderci,ma ampliandone (e nello stesso tempo sfidandone) il lessico di base. E' arrivato a disintegrare la coreografia partendone dal suo aspetto piu' puro ,piu' perfetto. Ed ora e' qui,a Bologna,per Danzaduemila ,con 4 lavori che spaziano dal 1992 al 2000. Nel programma di sala ho una prima sorpresa: anziche' Eidos-Telos (forse una delle sue opere chiave insieme ad Artifact, Impressing the Czar,Limb's Theorem) la serata include quattro coreografie piu' brevi,delle quali solo due sono state rappresentate a Reggio, e addirittura una e' una prima rappresentazione italiana ( e' un lavoro andato in scena per la prima volta nel febbraio 2000) .Sono molto curioso di vedere quest'ultimo lavoro..le notizie piu' recenti dell'attivita' di Forsythe lo davano perso in un progetto di restaurazione del Bockenheimer Depot di Francoforte, uno spazio teatrale ricavato da un vecchio deposito di tram in disuso, concentrato sempre piu' sull'utilizzo di movimenti estremamente complessi tratti anche dall'ambiente teatrale. In sala,al suo fianco, Antony Rizzi, suo assistente e ballerino (che infatti danzera'nell'ultimo pezzo in programma),vestito rigorosamente di bianco e con la medesima cuffia + radiomicrofono in testa. Tra gli altri,riconosco Amedeo Amodio e alcuni ballerini dell'Ater. Si spengono le luci. Si inizia con "The Vertiginous Thrill of Exactitude",1996,con musica di Shubert tratta dalla sua sinfonia nr.9. Le ballerine hanno strani tutu' rigidi di color verde chiaro,che partono orizzontalmente dal corpo,e i loro movimenti velocissimi sembrano uscire da una coreografia di Balanchine...la velocita' diventa tale da richiedere (come dice il titolo del lavoro) una tecnica assolutamente perfetta ,ma si ha come l'impressione che qualcosa da un momento all'altro porti ad un totale collasso. Non potrebbero in effetti esserci altri sviluppi, e si rimane li',con il fiato quasi sospeso,nel guardare questi corpi che danzano come se fossero delle cellule impazzite ,con una velocita' che fa assumere al pezzo quasi una sorta di piccola violenza psicologica...mi viene in mente il New York City Ballet,visto ad Edinburgo quest'estate, e penso che questo lavoro sarebbe assolutamente perfetto per loro. Il pubblico reagisce molto bene a questo inizio, che ancora utilizza un linguaggio abbastanza tradizionale, ma mentre si spengono gli ultimi applausi entrano in scena, con fredde luci bianche, i due interpreti (uomo e donna) di "Herman Scherman",1992. Ho gia' visto questo lavoro due volte, e mentre lo rivedo chissa' perche' mi viene in mente la Tate Gallery a Londra. Quest'estate,mentre da solo con la mia audioguida mi aggiravo tra le diverse sale ,mi stupivo come per molte persone alcune opere potessero ancora rappresentare motivo di stupore o peggio ancora di ostilita'. Eppure l'arte moderna,nonostante alcuni lavori abbiano perduto il loro impatto a motivo del tempo e della continua sovraesposizione a cui vanno soggetti (c'e' ancora qualcuno che si scandalizza nel vedere l'orinatoio di Duchamp o i baffi alla Gioconda ?) suscita ancora reazioni molto contrastate da parte del pubblico,forse non abituato a lasciarsi stimolare o provocare,che avverte in questa nuova estetica qualcosa di non familiare,qualcosa di estraneo ,di non-suo. Per me era il contrario...ormai ho talmente assimiliato queste opere al punto di non poterle che sentirle come qualcosa di assolutamente naturale,quasi una specie di collezione di "ritratti di familia", qualcosa che mi appartiene perche' appartiene alla mia cultura, qualcosa che CAPISCO e che pertanto apprezzo. Non ci sono piu' stupori nel vedere quadri monocromatici, cosi' come in campo musicale affrontare partiture di puro silenzio.... guardando il lavoro di Forsythe non mi domando piu' se i neon che si spengono e si accendono in un disorientante caos funzionino a dovere oppure no, non mi stupisco se i ballerini si fermano per rifare lo stesso passo e si domandano come eseguirlo nel modo migliore,come se fossero in una sala prove, non mi scandalizza ascoltare un commento musicale di Bach continuamente spezzato,non mi irrito nel capire che il mio punto di vista come spettatore non e' determinante o che cio' che sto vedendo non ha come caratteristica predominante quello della godibilita'. I sipari si alzano e scendono in modo casuale, la scarsa luce a volte impedisce di vedere cio' che accade in scena, i ballerini fanno spesso sequenze diversificate tali da non capire dove posare lo sguardo, e si procede cosi',in un caos geniale in cui la simultaneita' degli eventi accresce il piacere di assistere a qualcosa di nuovo,di straordinariamente stimolante. L'ultimo pezzo proposto ,dopo "Approximate Sonata" che riassume tutte le caratteristiche da me appena citate, e' "One flat thing,reproduced",2000. Un lavoro di 18 minuti danzato dalla compagnia quasi al completo, in cui il caos e l'apparente assenza di una coreografia degna di tale nome vengono "disciplinati" dalla presenza di venti tavoli cromati che creano dei percorsi obbligati; i movimenti vengono cosi' ad essere necessariamente incanalati negli spazi tra i tavoli stessi,in una specie di grata in cui le coordinate sono ovviamente destra-sinistra e avanti-indietro. La velocita' di esecuzione ,abbinata ad una musica di fortissimo impatto emotivo (puro rumore !),crea una dimesione in cui l'ordine "forzato",o meglio,il caos "imprigionato" , trasmettono un'assoluta energia...e' tutto nello stesso tempo claustrofobico e liberatorio...non so come spiegarlo...e nel momento in cui ancora una volta si teme per l'incolumita' fisica dei ballerini,impegnati in un impegno e una concentrazione sbalorditivi, le luci si spengono all'improvviso mettendo la parola fine al lavoro. Assolutamente perfetto. Un brivido corre ancora sulla schiena quando Forsythe appare sul palco al momento degli applausi; continuare a fare avanguardia puo' essere snervante,a volte perfino controproducente,ma quest'uomo non ha certamente problemi in tal senso...e continua ad affascinarmi ogni volta di piu'con qualcosa di straordinario. Forse anche il pubblico e' un pubblico nuovo,forse anche gli altri hanno assimilato la sua estetica coreografica cosi' nuova e nello stesso tempo cosi' legata al passato, e gli applausi sembrano dimostrarlo....non lo so.... per quel che mi riguarda posso dire di aver provato ancora una volta il vertiginoso brivido della PERFEZIONE, e gliene sono immensamente grato.

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