Tuesday, October 30, 2012

Sunflowers in our hair

Lontani,lontanissimi i giorni in cui ci mettevamo girasoli nei capelli. Anzi, diciamocela tutta, quei tempi non ci sono mai stati..e non certo per colpa dei girasoli (!!) Cosi' stupisce un po' il testo "peace and love" di Children Of The Sun, brano di apertura del nuovo CD dei Dead Can Dance nonche' del loro concerto milanese. Ricordi sbiaditi degli anni settanta, con ricami a forma di fragola sui blue jeans, banali canzoni alla chitarra intrise della malinconia dei cantautori del tempo. Tempi confusi, in verita', pieni di immagini lisergiche e un'identita' sempre in discussione. Per fortuna arrivarono gli anni ottanta con la loro tecnologia a liberarmi da poster psichedelici e pantaloni a zampe di elefante. Nel mezzo di un post punk-new wave-dark gothic ecc.ecc. un disco tra tanti, o meglio, un EP dal titolo suggestivo : "The Garden Of The Arcane Delight". Folgorazione immediata: nel giardino delle arcane delizie la voce di Brendan Perry era REALMENTE una delizia, cosi' scura,profonda (oserei dire baritonale )e nello stesso tempo sognante e piena di sensibilita'. Un mix di elettronica,arrangiamenti sinfonici, influenze di ogni tipo (tribali,etniche,medievali,orientali e cosi' via)che si avvaleva anche della preziosa e incofondibile voce di Lisa Gerrard, nonche' della sua presenza carismatica. Nella loro lontanissima esibizione al Ritz di Novellara, alla sua apparizione in pubblico, qualcuno in sala ebbe una folgorazione come se fosse arrivata una Madonna. Bionda, capelli raccolti con una coroncina, vestita di un bianco candido bordato di una stola di velluto, algida e perfetta come un'icona religiosa. Buffo come 16 anni dopo il loro ultimo disco ancora qualcuno cerchi il sapore di quel periodo, sfoggiando un'improbabile look dark pieno di occhi affossati, ombretti neri, e magliette anni 80, tutto alla ricerca del fascino del tempo (perduto). Eppure l'atmosfera che si sprigiona durante il loro concerto agli Arcimboldi sembra non avere perso un briciolo di quel carisma, con le voci dei due cantanti assolutamente immutate e perfette, le atmosfere intrise di influenze mediorientali, l'assoluto immobilismo della scena che permette alla musica di essere ascoltata in perfetto silenzio e concentrazione. Difficile pensare ad un concerto rock in cui il movimento scenico e' praticamente assente, e allo stesso tempo capace di generare simili emozioni e trasporto. Perfino un eccessivo uso delle tastiere riesce in ogni caso ad arricchire ogni arrangiamento, che grazie alla perfetta acustica arriva diretto e avvolgente, preciso e composto. Anabasis, Kiko, e i piu' vecchi The Host of Seraphim e Song to The Siren fanno perfetta breccia nel cuore, nonostante dall'ultimo disco ci si sarebbe aspettati qualcosa di piu'. Dai "primi della classe", si e' scritto. Riprendere lo stesso filo del discorso interrotto dopo tanti anni puo' sembrare un piccolo passo indietro. Forse e' cosi', ma dal vivo tutto appare bilanciato e perfetto, e l'emozione e' intatta e immutata. A volte ritornano, si dice..e quando capita ai miracoli non si puo' che gioirne.

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